12 dicembre, in piazza con studenti, disoccupati e lavoratori!

Anche oggi siamo scesi in piazza con studenti, disoccupati, lavoratori, precari di tutte le risme, per unire le lotte contro le politiche antipopolari del governo Berlusconi, senza dimenticare quelle degli altri governi cialtroni che lo hanno preceduto.

Abbiamo chiaramente scelto la piazza dei movimenti e dei sindacati di base, perché siamo contro ogni concertazione, e contro l’asfittica rappresentanza partitica e sindacal-confederata del conflitto sociale. I burocrati e i pompieri non ci fregano più: sono anni che CGIL e centrosinistra trattano al ribasso sulla nostra pelle, e se oggi siamo in questa condizione di pupù lo dobbiamo anche a questi loschi politicanti. Invece noi, che siamo in tutto e per tutto politici, e quindi piuttosto svegli e arrabbiati, crediamo nell’autorganizzazione e nello sviluppo di un percorso autonomo di lotta, guarda un po’.

Ciò detto, ci sarebbero molte parole da spendere su questo punto della concertazione: l’attacco del capitale è certo stato forte, lungo e sistematico (siamo di fronte a venti anni di ristrutturazioni e adeguamenti di ogni spazio della vita alle esigenze del profitto), ma se è riuscito in modo devastante e spettacolare è perché questi qui, da Sinistri Arcobaleni in poi, hanno proprio calato le braghe, e non ci hanno manco provato a opporsi… Se non tentando ogni tanto, per fini biecamente elettorali o di sopravvivenza, di mettere il cappello ai movimenti. A parte questo, analisi concreta della situazione: zero. Strategie di lungo periodo: nessuna. Conflittualità espressa: meno venti… Ma lasciamo stare ‘ste miserie – l’accenno era doveroso, perché questo Paese ha la memoria corta – e veniamo a noi, che siamo giovani e forti, e abbiamo tutto da fare e da inventare…

In questa mobilitazione a fare qualcosina ci stiamo riuscendo, anche se siamo lontani dall’aver ancora sviluppato tutta la nostra forza. Oggi in piazza eravamo in tanti a ribadire l’opposizione ai provvedimenti Brunetta-Tremonti-Gelmini e la necessità di generalizzare, costruendola insieme, l’opposizione sociale. Eccoli qui i nostri nemici (attenzione: non cordiali avversari fra un brandy e un giro in barca, ma proprio nemici, cattivi, brutti, bleah): i padroni e i loro vari agenti. Questi qui ci stanno davvero massacrando, altroché, a noi e alla collettività in genere.

Anche qui è il caso di aprire gli occhi: in tempi di crisi gravissima questi negatori dell’umanità danno soldi a banche e spese militari; mascherano il dissenso facendo scomparire le notizie su cui non sono d’accordo; scaricano le frustrazioni sociali sui più poveri, sugli emarginati e sui migranti; impediscono una ricerca libera; diffondono ideologie nocive e antisociali; aiutano in ogni modo i loro amichetti fascisti; sostengono attivamente mafie e camorre; attaccano la giustizia; devastano l’ambiente; smantellano diritti sociali; cancellano la nostra storia, la Costituzione, lo Statuto dei Lavoratori, e tutte le cose per cui si dovrebbe essere un po’ contenti di appartenere a questo sputo di terra che si chiama Italia; e fra una cosa e l’altra ci anestetizzano a palate di clericalismo (di sicuro abbiamo dimenticato qualcos’altro, ma tant’è…).

Francamente, noi ne abbiamo abbastanza, e già da un po’. Il nostro corteo, partito da piazza Mancini e arrivato a piazza Matteotti, ha urlato ancora una volta il rifiuto totale di questa gentaglia, e una solidarietà militante verso chi invece viene ogni giorno massacrato, fisicamente e psicologicamente, dal lavoro o dal non-lavoro. In fondo è semplice capire da che parte stare: da un lato c’è chi fatica e porta a casa la pagnotta con sudore e coraggio, e da un altro lato una carovana squallida e volgare di parassiti, magnaccia, e pericolosi casi umani.

Siccome poi noi la memoria ce l’abbiamo e la facciamo funzionare, lungo tutto il percorso abbiamo riaffermato il nostro antifascismo ricordando il ruolo che lo Stato e i suoi apparati hanno da sempre giocato nei confronti delle lotte: dalle stragi di Stato (proprio oggi ricorre il 39° anniversario della bomba fascista di piazza Fontana), agli omicidi impuniti di Giuseppe Pinelli, Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Alexis Grigoropoulos… solo per dire alcuni di quelli che hanno pagato con la vita l’arroganza, la prepotenza, il sopruso dei servi del potere, servi che si credono uomini solo per il fatto di avere una pistola in mano…

Una volta arrivati a piazza Matteotti, abbiamo seguito lo spezzone studentesco, composto da studentesse e studenti di tutti gli atenei napoletani. Aggirando pulotti e carramba, scandendo slogan e canzoni, siamo ripartiti dirigendoci verso la facoltà di Scienze dell’Università Federico II. Ed è proprio con gli studenti, prime vittime di questi 15 anni di riforme, che abbiamo occupato l’edificio di Mezzocannone 16, nodo cruciale del più grande Ateneo del Sud Italia.

Insomma, dopo l’Orientale, Porta di Massa, Veterinaria, Sociologia, abbiamo liberato un altro spazio, per poter così discutere di contenuti, di tattiche, di prospettive: di come vincere sul breve periodo (e far ritirare leggi e decreti leggi nocivi per il sistema pubblico, per la formazione e la ricerca), e sul medio periodo (diffidando il governo Berlusconi dal muovere l’attacco agli altri settori)… e di come poi stravincere sul lungo periodo (ovvero aprendo un ciclo di lotte per i prossimi anni, costruendo qui e ora un altro mondo, senza più sfruttamento e oppressione).

Vabbè va’, l’abbiamo finita epica, e tutto sarà più difficile di qualche slogan. Ma senza trionfalismi, e nemmeno catastrofismi, dobbiamo riconoscere che stiamo osando combattere… E la prima vittoria della lotta è la lotta stessa!

Quindi restate sintonizzati, ne vedrete delle belle…

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