Comunicato dei Dottorandi e ricercatori precari del Dipartimento di Filosofia della “Federico II” del 24 Novembre 2008

Il gruppo Dottorandi e
Ricercatori precari del Dipartimento di Filosofia della “Federico
II” di Napoli nasce all’interno del più ampio movimento
degli studenti contro i provvedimenti dei ministri Tremonti e Gelmini
ed è parte della Rete dei Dottorandi e dei Ricercatori delle
Università di Napoli.

 

Insieme agli studenti
siamo partiti dalla contestazione radicale dei provvedimenti che il
Governo ha varato in materia di Scuola e Università. Il nostro
primo obiettivo è il ritiro della Legge 133 del 6 agosto 2008.
Il ritiro dei tagli indiscriminati all’Università pubblica,
la revoca della possibilità di trasformare le Università
in fondazioni di diritto privato e l’abolizione del blocco del
turn-over rappresentano per noi, infatti, la condizione minima
per poter cominciare a parlare di una vera e seria Riforma
dell’Università. Non si tratta in nessun modo della
rivendicazione dello status quo: la Legge 133 è
l’ultimo tassello di un processo di “riforme”, avviato ormai
più di quindici anni fa, ed è contro questo intero
processo di progressivo smantellamento del sistema pubblico e di
precarizzazione delle condizioni di vita e di lavoro che lottiamo.
Come immediatamente si intende, non si tratta di un problema
specifico dell’Università, ma della trasformazione del
sistema del sapere, in relazione alla ristrutturazione del mercato
del lavoro e allo smantellamento, definitivo e perpetuato ad ogni
livello, dello Stato sociale.

Una delle caratteristiche
fondamentali del movimento studentesco è quella di muoversi al
di fuori di qualsiasi logica di compatibilità. «Non
pagheremo la vostra crisi» è lo slogan in cui tutto il
movimento si è riconosciuto e nel quale possono riconoscersi
disoccupati, precari e lavoratori; tutti coloro ai quali oggi si
chiede, appunto, di pagare i costi della crisi economica in cui versa
il capitalismo, in nome di quel principio secondo cui i profitti sono
privati, ma le perdite sociali.

Per questo, in
riferimento all’Università, tanto gli studenti quanto i
ricercatori precari mettono in discussione complessivamente i
meccanismi che governano oggi la produzione e la diffusione del
sapere. Abolizione di tutti gli ostacoli di natura economica che
impediscono un libero accesso all’istruzione universitaria,
abolizione dei crediti formativi, del sistema del «3+2»,
della precarizzazione dilagante e dello sfruttamento sempre più
intenso di dottorandi e precari a vario titolo (o senza titolo), da
un lato, modificazione dei meccanismi di reclutamento e di accesso ai
fondi per la ricerca e per le pubblicazioni, dall’altro, sono gli
obiettivi che il movimento si pone.

Come dottorandi e precari
della ricerca a vario titolo riteniamo di dover procedere nella
maniera più compatta possibile per opporci ai provvedimenti
del Governo e per costruire una forza che sia in grado di mettere in
discussione, fino in fondo, l’Università come essa è
oggi.

Per questo riteniamo che
dottorandi, borsisti, contrattisti, ricercatori senza contratto
debbano lottare uniti. Essi devono definirsi sulle condizioni di vita
e di lavoro all’interno delle quali si trovano e non a partire
dalle diverse forme contrattuali nelle quali sono costretti dalla
controparte. Al di là delle definizioni formali, infatti,
tutti svolgono lo stesso lavoro: ricerca e didattica, e tutti si
trovano in condizioni di sfruttamento e ricattabilità. A tal
proposito, riteniamo che il dottorato di ricerca debba essere
considerato per quello che esso è in realtà: non
l’ultimo livello di formazione, ma il primo gradino del precariato.
Dividersi in base alle forme contrattuali o tra precari “anziani”
e “giovani”, significa fare il gioco di chi ci vuole deboli e
incapaci di costruire nuovi e più favorevoli rapporti di
forza.

Riteniamo inoltre che la
battaglia per un’Università e una Ricerca veramente
pubblicheche garantiscano cioè concretamente a
tutti, e a tutti i livelli, uguali possibilità di accesso –
debba avere come prima controparte il Governo. È sul piano
nazionale che va rivendicata la necessità di investimenti
massicci nell’Università e nella Ricerca. È sul piano
nazionale che si deve condurre la lotta contro la precarizzazione
progressiva delle condizioni di vita e di lavoro di studenti e
lavoratori.

È sul piano
nazionale, infine, che va affrontata la questione della ridefinizione
di criteri di merito e di qualità. Essi, infatti, non possono
essere considerati come delle doti “naturali”, indipendenti dalle
condizioni materiali di lavoro e dalle possibilità stesse di
accedere a tali condizioni.

Se quindi l’obiettivo è
quello di una complessiva messa in questione dei meccanismi di
funzionamento dell’Università, e se quindi la nostra
controparte è il Governo, la costituzione di un gruppo di
coordinamento all’interno del Dipartimento può avere,
secondo noi, solo lo scopo di cercare di mettere in relazione quanti
vi lavorano, per discutere e confrontarsi sui contenuti concreti, i
metodi e le strategie di lotta da portare avanti, in un orizzonte di
più ampio respiro.

In questa fase, il
Dipartimento è per noi il luogo operativo del confronto, della
discussione e della lotta, in cui ogni rivendicazione ha senso solo
nell’ambito di una discussione critica dell’esistente e delle sue
logiche. In mancanza di tale critica radicale, si rischia, infatti,
di mettere a punto strumenti che possono risultare ambigui e
fraintendibili, sia rispetto agli obiettivi che si propongono, sia
rispetto ai criteri che utilizzano. Respingiamo pertanto qualsiasi
deriva corporativa volta a strumentalizzare la lotta di tanti. In
merito al percorso di mobilitazione realizzato finora, e in
particolare alla scelta del blocco della didattica da parte dei
precari, riteniamo che attualmente, nella nuova fase di mobilitazione
aperta dalle giornate di Roma, sia necessario definire insieme con
gli studenti nuove forme di lotta.

Se
non si condivide l’esigenza di mettere in discussione i meccanismi
e i criteri di reclutamento, di ridiscutere i meccanismi di accesso
all’Università e alla Ricerca e alle possibilità
stesse di costruirsi «merito» e «qualità»,
se non si vede che avere o non avere titoli, aver pubblicato o non
aver pubblicato dipende più spesso dalle possibilità
economiche che dalle capacità scientifiche, non è
possibile portare avanti nessuna battaglia comune: si finirebbe,
altrimenti, con l’accettare le briciole che si vogliono concedere
(a pochi), dando l’assenso al modo in cui fino ad oggi è
stata gestita l’Università e concepita la Ricerca.

A partire da queste
premesse, vorremmo discutere, insieme a tutti quanti lavorano nel
Dipartimento di Filosofia, di una piattaforma che metta veramente in
discussione le logiche esistenti, che abbia alla sua base l’unità
di tutti i precari e si ponga l’obiettivo di migliorare le nostre
condizioni di vita e di lavoro, all’interno di un’Università
che sia concretamente migliore di quella attuale.

Invitiamo
tutti a partecipare alla più ampia mobilitazione della Scuola
e dell’Università, a discutere insieme, nel Dipartimento e
fuori di esso, a partecipare alle riunioni e ai gruppi di lavoro che
nella «Rete Dottorandi e Ricercatori delle Università di
Napoli» si stanno costituendo.

Ogni passo che vien fatto
sulla strada della divisione tra i precari o che va nella direzione
di accettare l’esistente indebolisce tutti piuttosto che rafforzare
pochi.

 

Napoli, 24 novembre 2008

Dottorandi e ricercatori precari del Dipartimento di Filosofia
della “Federico II”

Per contatti:

dott-ric-prec-filos-fed-II@googlegroups.com

rete.univ.napoli@gmail.com

http://rete-dottorandi-ricercatori.noblogs.org/

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