Comunicato 17 Ottobre 2008

Venerdì 17 Ottobre è stata un’importante giornata di lotta in tutta Italia. Da Milano a Palermo, passando per il corteo di Roma che ha visto sfilare più di 300.000 persone, tutto il Paese si è mobilitato contro il Governo Berlusconi e i suoi provvedimenti. A essere contestata è in particolare la legge 133 confezionata da Tremonti e Gelmini: la “riforma” che, più ancora delle precedenti, smantella il sistema dell’istruzione pubblica, dalle Scuole materne all’Università.

Come Rete dei dottorandi e ricercatori delle Università di Napoli, abbiamo fatto nostra questa giornata innanzitutto partecipando al corteo romano dei sindacati di base, a fianco dei lavoratori e dei precari, di tutte quelle categorie sfruttate e ricattate sul posto di lavoro, a cui vengono quotidianamente negati diritti e dignità, e persino la sicurezza di tornare a casa la sera. Siamo stati a fianco degli studenti e dei precari della ricerca che davanti al Ministero hanno gridato ancora una volta che la riforma Gelmini non va modificata: va bloccata.

Ma non solo: come Rete abbiamo partecipato in massa alla mobilitazione napoletana. Dalla mattinata, attacchinaggi nei Dipartimenti, volantinaggi in giro per la città, partecipazione al corteo degli studenti medi, blocco dei corsi attuato insieme agli studenti universitari per consentire a tutti di venire all’assemblea che si è tenuta alle 14 alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Federico II. 

Quindi alle 15, insieme a un centinaio di studenti, abbiamo interrotto il Consiglio di Amministrazione della Federico II, chiedendo al Rettore Trombetti di esprimersi pubblicamente a nome dell’istituzione contro questa riforma. Come due giorni prima, il Rettore ha rifiutato il confronto, perseguendo nel suo diniego a bloccare la didattica, o a produrre qualche atto ufficiale in cui si dimostri la contrarietà alla Legge 133. Cosa ancora più grave, Trombetti non ha esitato a sciogliere il Consiglio, durato in tutto 10 minuti, ed ha abbandonato la sala.

Ma non ci siamo dati per vinti, e tutti insieme siamo andati alle 16 a interrompere l’Assemblea di Facoltà, dove erano presenti tutti i professori. Mentre gli studenti consegnavano un corposo documento per un’altra università possibile, noi abbiamo consegnato il nostro. All’inizio gli interventi di alcuni professori sembravano alquanto incoraggianti: alcuni hanno avuto il coraggio di denunciare il sistema di cooptazione, la privatizzazione del pubblico, la spesa in armamenti piuttosto che in ricerca e in cultura, altri hanno parlato della necessità di riconoscere le proprie responsabilità per aver accettato supinamente tutte le riforme e i tagli di questi anni.

Ma evidentemente c’è differenza fra le parole e i fatti: quando come Rete siamo intervenuti esprimendo solidarietà alla mobilitazione studentesca e apprezzamento per le parole appena ascoltate, ma abbiamo affermato che prima di iniziare qualsiasi discussione in merito si deve bloccare tutto, e chiesto una una netta presa di posizione in merito da parte del corpo docente, il Preside Arturo De Vivo ha tentato di toglierci la parola dopo solo due minuti – inutile dire che i professori avevano avuto ben dieci minuti a disposizione!

Abbiamo dunque continuato il nostro intervento, denunciando il sistema di cooptazione e le beghe dei gruppi di potere che vincolano la didattica e rendono la ricerca appannaggio dei pochi che si possono permettere anni di lavoro non retribuito o sottopagato, senza alcuna forma di tutela e diritto. Abbiamo concluso il nostro intervento accennando ai 60.000 precari che portano avanti l’Università italiana, ricordando il blocco della assunzioni e pronunciandoci risolutamente per il blocco della didattica, invitando ancora i professori a prendere una posizione chiara e ufficiale.

Alla fine del nostro intervento, senza più diritto di replica, il Preside De Vivo ha addirittura sostenuto che noi avevamo minacciato il corpo docente, utilizzando metodi scorretti in una discussione. Dopodiché ci ha praticamente cancellati dal dibattito successivo, senza nominare né noi né le nostre richieste. Forse come molti altri dei presenti, era molto sorpreso di non aver trovato di fronte a sé dei portaborse o dei lacchè, ma persone con un po’ di dignità, che hanno il coraggio di rivendicare in prima persona ciò che gli spetta, e la testa ancora funzionante per non credere più alle bugie che gli rifilano.
 
In conclusione, gli studenti hanno chiesto all’Assemblea di stilare un documento pubblico di contrarietà alla riforma e di convocare un Consiglio di facoltà. La prima richiesta, dopo mille opposizioni, è stata accettata; la seconda nettamente rifiutata adducendo tempi tecnici. La montagna ha partorito un topolino: dopo tanto sproloquiare ex cathedra, l’Assemblea ha deciso di istituire un laboratorio per informarsi e discutere della riforma. Ma è un mese che come studenti, dottorandi e ricercatori facciamo proprio questo! 

Insomma, pur con sfumature diverse, i docenti napoletani si sono ufficialmente espressi contro il blocco della didattica, contro lo sciopero, contro qualsiasi tipo di protesta. Ennesima conferma che, al di là di posizioni personali, non hanno nessuna intenzione di schierarsi a nostro favore. D’altronde, lo si capisce: sono solo marginalmente toccati da questa riforma!
 
Il dato da acquisire è che ormai sono state provate tutte le strade “istituzionali”, e alla grande mobilitazione di questi giorni è stata sbattuta la porta in faccia. Come dottorandi e precari della ricerca abbiamo toccato con mano che solo lo sviluppo di un percorso autonomo e radicale, senza compressi e temporeggiamenti, può bloccare la riforma. Se i docenti e gli strutturati non accettano quest’attacco contro quello che resta del sistema pubblico lo dimostrino con i fatti: blocchino la didattica, scioperino, si dimettano, favoriscano in tutti modi la partecipazione alla protesta degli studenti, scendano in piazza anche loro. Noi saremo sempre contenti contenti di ricrederci.
 
Per quanto ci riguarda, continueremo a far crescere una grande mobilitazione unitaria, che vada dagli studenti ai lavoratori, dai dottorandi al popolo della SISS, passando per i precari della scuola e della ricerca, che lavori per il blocco e il ritiro della Legge 133 e che contesti l’Università di oggi, classista e baronale. Continueremo a lottare perché tutti i soggetti che vivono e lavorano nelle facoltà vedano riconosciuti i propri diritti, perché l’Università sia pubblica, democratica e di massa. Per questo invitiamo tutti a partecipare alla nostra assemblea:


LUNEDI’ 20 OTTOBRE alle ORE 17 all’AULA R5 di Palazzo Giusso, Università Orientale

 

CONTRO LA LEGGE 133/08
CONTRO L’UNIVERSITÀ BARONALE
CONTRO OGNI FORMA DI PRIVATIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE PUBBLICA
CONTRO LA PRECARIZZAZIONE DEL LAVORO


Dottorandi e ricercatori delle Università di Napoli
PER INFO E CONTATTI: rete.univ.napoli@gmail.com

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