napoli, 27 novembre 2008. ciro cozzolino, operaio di una ditta appaltatrice esterna di Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo Fs), muore folgorato mentre lavora sui binari della stazione centrale.
le chiamano "morti bianche", "fatalità", "inconvenienti". ma non c’è nessun destino cieco dietro lo stillicidio di vite che in Italia provoca tre, quattro vittime al giorno. se si decidono di dismettere i controlli perché troppo costosi, perché non si vogliono disturbare gli imprenditori (a cui dobbiamo pur sempre la grazia di darci un lavoro!); se non si fanno ispezioni perché tanto è tutto a nero, perché ormai i servizi si esternalizzano, perché nel lucente mondo del capitalismo reale conviene più lasciar succedere gli incidenti (e cavarsela con le due lire dell’assicurazione) piuttosto che assumere stabilmente qualcuno perché li eviti; se si licenzia e manganella chi chiede diritti e denuncia condizioni di lavoro insostenibili; se si taglia sulle spese della sicurezza, sulla manutenzione degli edifici, sui corsi di formazione, non si può dire "fatalità". si deve dire: "volontà deliberata". si deve dire: "omicidio". omicidio sì, anche se a tutti pare meno grave, perché i responsabili son tanti, e siedono molto in alto nella nostra società, e perché le vittime sono immigrati e pezzenti, sempre sostituibili. eccola, la gravità: dietro i numeri e la gerarchia sociale ci sono persone in carne e ossa, con una storia e una famiglia. ciro aveva 31 anni, era sposato e aveva un figlio piccolo. non è più tornato a casa. come tanti: in questi ultimi mesi del 2008 solo nelle ferrovie ci sono stati 8 morti e decine di infortuni gravi.
noi della Rete eravamo in riunione a discutere le prossime linee guida dell’Università, a definire le nostre risposte, a progettare un futuro, in qualche modo. avuta la notizia verso le 16, in segno di lutto, in segno di rabbia, tutte le assemblee del movimento sono state sospese. insieme ai compagni dell’Orientale e di Porta di Massa, abbiamo improvvisato un corteo per il rettifilo, siamo andati sui binari, abbiamo montato un presidio. con megafono e striscioni di carta, abbiamo urlato la nostra rabbia per l’ennesimo incidente sul lavoro. abbiamo detto ai lavoratori, ai pendolari, ai passanti di questa città che non deve succedere mai più, che dobbiamo impedirlo con ogni mezzo necessario, che se questo movimento di studenti, dottorandi, precari e ricercatori vale qualcosa, deve rifiutare tutto l’assetto di questa società, le sue dinamiche di oppressione e sfruttamento. solo questo vuol dire "essere concreti": ricordarsi da dove veniamo, chi dobbiamo ringraziare, chi sono i nostri compagni di strada. affianco a chi dobbiamo camminare, per bloccare e far ritirare le politiche che ci massacrano.
oggi si sarebbe dovuto tenere uno sciopero, per protestare contro il licenziamento del macchinista e RLS Dante de Angelis, "colpevole" di aver denunciato la mancanza di sicurezza in Trenitalia. per la terza volta i lavoratori sono stati precettati: il ministro Matteoli li ha diffidati dal mostrare solidarietà. L’Assemblea Nazionale dei ferrovieri ha commentato «Tre precettazioni: 26 settembre, 29 ottobre e da ultima quella per lo sciopero del 28 novembre. Si tratta di una azione di una violenza inaudita, il ministro con un atto amministrativo di fatto sta aggredendo ed annullando il diritto di sciopero, conquista di civiltà e patrimonio di tutti i lavoratori». Trenitalia si è detta intenzionata a re-integrare De Angelis in cambio di un’abiura sulle dichiarazioni. Il macchinista ha risposto: «Mi è rimasta solo la dignità. E non voglio perderla».
dall’alto ci chiedono di ridefinire il nostro vocabolario, di tagliare i ponti con il passato, di inventarci nuove forme di protesta, di discutere e riformare insieme. noi rispondiamo senza alcuna vergogna: ecco le nostre parole. ecco la lotta di ieri, ecco quello che dobbiamo fare domani.